Oculoplastica

Cenni di Anatomia

Le palpebre sono delle strutture fibro-muscolari poste davanti all’occhio con funzione protettiva.
Aprendosi e chiudendosi (ammiccamento),  proteggono, insieme alle ciglia ed al film lacrimale, la superficie oculare, costituita da congiuntiva e cornea, in contatto diretto con l’ambiente.

Le palpebre sono costituite fondamentalmente da due strati: uno anteriore, cutaneo e muscolare; uno posteriore, cartilagineo e congiuntivale.

Patologie

Patologie delle palpebre

Blefarite Cronica

È una condizione cronica di infiammazione legata a fattori locali (infezione o irritazione del bordo palpebrale), generali (diabete ed altre patologie metaboliche) e talora ad una scarsa igiene oculare (contatto delle palpebre cronico con le dita, tipico delle persone anziane).

I sintomi sono prurito, secrezione mattutina e fotofobia. La terapia consiste nella pulizia del margine lacrimale associata ad antibiotici locali e generali. Sono anche utilizzabili spray antinfiammatori non cortisonici da applicare una volta al giorno. Molto utili sono gli impacchi giornalieri di acqua calda mediante tamponi di garza. Gli impacchi devono essere effettuati per 7-10 giorni consecutivi, per almeno 10 minuti al giorno; successivamente saranno sufficienti impacchi una volta alla settimana.

Recentemente è stata introdotta il brushing del margine palpebrale che sta dimostrando efficacia a lungo termine. Consiste in un trattamento con un apparecchio speciale che effettua la pulizia del margine palpebrale per via meccanica.
La blefarite è da considerarsi una patologia cronica difficilmente eliminabile se non si trattano le cause generali, se presenti. L’obiettivo della terapia è quello di arrivare ad un trattamento in grado di alleviare i sintomi con una dose minima efficace.
Terapia medica: la Blefarite cronica non è infettiva. Può comunque causare cicatrici corneali e conseguente calo della vista.

Calazio

È una neoformazione causata da un’infiammazione delle Ghiandole di Meibomio, che sono responsabili della produzione dello strato lipidico del film lacrimale. Quando la produzione di questa componente è eccessiva o non riesce a fuoriuscire dalla cellula per vari motivi, si ha la formazione di un rigonfiamento. Il calazio può comportare dolore e calo della vista a causa della compressione del bulbo. Generalmente si risolve con una terapia locale, nei casi che non rispondono a quest’ultima si deve intervenire a livello chirurgico.

 

 

Orzaiolo

È un’infezione di origine batterica, che colpisce le ghiandole di Zeiss, che si trovano alla radice delle
ciglia. E’ molto dolente e in età infantile può associarsi a febbre. La terapia è medica , a base di antibiotici locali e generali e impacchi caldi.

Entropion

È una patologia caratterizzata dalla rotazione verso l’interno della palpebra, questo causa il contatto delle ciglia sulla cornea con conseguente sensazione di corpo estraneo, dolore e infiammazione. Può essere congenito, senile, paralitico, meccanico oppure può essere un esito cicatriziale. L’unico trattamento è quello chirurgico, l’intervento si effettua in regime di Day hospital e con anestesia locale.

 

 

 

 

Ectropion

È una patologia caratterizzata dalla rotazione verso l’esterno della palpebra, in genere quella inferiore. Questa esposizione, oltre all’irritazione della superficie congiuntivale causa un’eccessiva lacrimazione. Può essere causato da lassità della palpebra, oppure da cause cicatriziali. L’unico trattamento è quello
chirurgico, l’intervento si effettua in regime di Day hospital e con anestesia locale.

 

 

 


Floppy Eyelid Syndrome

Condizione caratterizzata da una lassità orizzontale della palpebra superiore che, specialmente durante la notte, può dare infiammazione, dolore e secrezione.
È maggiormente prevalente nel sesso maschile, ed è associata a obesità, apnea notturna e talora anche patologia delle valvole cardiache. La terapia medica è temporaneamente efficace ma non risolutiva.

 

 

 

Ptosi palpebrale

È un patologia in cui una o entrambe le palpebre superiori sono abbassate rispetto alla norma, andando a coprire
parzialmente o totalmente la pupilla. Può essere congenita o acquisita, e le cause possono essere varie: problemi muscolari,
nervosi o meccanici. È una patologia che può causare calo del visus e deficit del campo visivo, mentre in età infantile può
essere causa importante di occhio pigro (ambliopia).

E’ la condizione opposta alla Ptosi. Il Muscolo Orbicolare circonda il bordo e si estende sotto la cute di tutta la superficie della palpebra. Deve essere considerato a tutti gli effetti come uno sfintere che, contraendosi, determina la chiusura palpebrale. Quando è colpito da paralisi completa o incompleta si ha una condizione di mancata chiusura dell’occhio con esposizione della superficie corneale e congiuntivale con sofferenza e infezioni, che possono portare anche alla perdita della funzione visiva.

La causa più frequente è la paralisi del VII nervo cranico (Faciale) dovuta ad esposizione al freddo, a conseguenze di interventi ORL o spesso a processi patologici sconosciuti.
Terapia medica:

  • Monitoraggio per almeno 6 mesi, poiché una buona parte di casi migliora spontaneamente. E’ importante valutare la presenza del “fenomeno di Bell”, ossia la rotazione del bulbo verso l’alto quando il paziente cerca di chiudere l’occhio. Se questa condizione non è presente, il quadro clinico è aggravato e occorre proteggere l’occhio esposto con bendaggi, lenti a contatto, colliri in gel e protezione notturna con appositi occlusori.
  • In assenza di infezione, infiammazioni o sofferenza corneale visibile al test della fluoresceina sono sufficienti i colliri in gel di cui sopra.
  • Se dopo un congruo periodo di tempo ( in genere 6 mesi) non si ottiene alcun miglioramento si procede ad intervento chirurgico. L’obiettivo è quello di ottenere una chiusura parziale della palpebra almeno durante il giorno con il paziente in posizione eretta, lasciando libero l’asse visivo. Vi sono diverse procedure chirurgiche. Oggi la più usata è l’applicazione di un peso d’oro di 1-2 gr a seconda dei casi in modo da controbilanciare la tendenza della palpebra ad aprirsi. Poiché la paralisi spesso coinvolge anche la palpebra inferiore, anche questa viene sollevata e sospesa all’angolo esterno dell’orbita. In alcuni casi particolarmente gravi o in pazienti molto anziani si può ancora ricorrere alla vecchia tecnica della Tarsorrafia parziale che consiste nella chiusura (reversibile) del bordo nella sua porzione esterna mediante punti per un’estensione variabile da metà ad un terzo della fessura palpebrale.

Basalioma nodulare palpebra inferiore                                                                                                          Esteso carcinoma della palpebra superiore   

Il tumore è la proliferazione incontrollata ed anarchica di un determinato tipo di cellule. A seconda della tendenza a replicarsi ed a diffondersi dando metastasi si distinguono in benigni e maligni. Vi sono tumori delle palpebre che pur essendo classificati come maligni presentano una invasività locale ma raramente danno metastasi.

In caso di sospetta malignità è opportuno eseguire un prelievo bioptico prima dell’intervento o un esame istologico intraoperatorio.
Vi sono casi di lesioni apparentemente di dimensioni ridotte ma che presentano un’estensione nei tessuti profondi insospettabile e non visibile. Un intervento programmato come rapido e semplice può trasformarsi in una complessa operazione di ricostruzione sulla base dei risultati istologici intraoperatori, da confermarsi poi in laboratorio. In alcuni casi può essere indicata l’esecuzione di TC e RMN.

Epiteliomi basocellulari e spinocellulari

Sono i più frequenti tumori palpebrali (90% circa). Presentano un insorgenza subdola con aspetto simile a noduletti non dolorosi con formazione di crosticine e piccoli sanguinamenti superficiali. Spesso trascurati e non riconosciuti, giungono all’osservazione tardivamente.I più pericolosi sono localizzati all’angolo interno dell’occhio perché hanno forte tendenza ad infiltrare i tessuti profondi. Se operati precocemente l’intervento è relativamente semplice.Se in stadio avanzato possono richiedere interventi complessi di ricostruzione. Colpisce più spesso soggetti anziani con importante esposizione alla luce solare od ultravioletta.

Carcinomi

Tumori maligni (in grado di produrre metastasi) che originano da strutture ghiandolari delle palpebre.Sono spesso confusi con un calazio che tende a recidivare nello stesso punto. L’asportazione e le tecniche ricostruttive sono analoghe a quelle degli epiteliomi.

Il trattamento chirurgico è sovrapponibile a quello dei basaliomi. In casi selezionati può essere indicato un trattamento radioterapico o chemioterapico.

Melanomi

Sono tumori maligni originanti da cellule pigmentate presenti nella palpebra ma anche nella congiuntiva. Più rari rispetto ai precedenti, richiedono ampie asportazioni e tecniche ricostruttive complesse.

Papillomi

Formazioni a base peduncolata o sessile di aspetto irregolare e corrugato, simulante altre lesioni come verruche, cheratosi o raramente carcinoma a cellule squamose.

Xantelasmi

Sono molto comuni. Si presentano come placche giallognole lievemente rilevate sul piano cutaneo sia della palpebra superiore che di quella inferiore. Di solito sono bilaterali e si localizzano prevalentemente nelle aree vicino alla radice nasale. Sono composti di lipidi e sono un segno di problemi metabolici generali (diabete, dislipidemie). Dal punto di vista clinico sono formazioni innocue ma spesso sono causa di disagio estetico, talora marcato.

Angiomi congeniti ed acquisiti

Gli angiomi palpebrali infantili di solito, anche se esteticamente appariscenti, tendono a risolversi senza intervento chirurgico, eventualmente effettuando un trattamento medico con betabloccanti (sotto monitoraggio pediatrico).
Raramente, possono essere di dimensioni tali da ostacolare l’apertura della palpebra determinando un blocco dell’asse visivo.
In questi casi si può avere un mancato sviluppo della visione (ambliopia od occhio pigro). Raramente si deve ricorrere alla chirurgia.

L’Esoftalmo è una sporgenza patologica di uno od entrambi gli occhi. Può essere diretto, quando l’occhio è spostato in avanti, oppure indiretto, quando dislocato anche lateralmente.
In base alle cause si ha la seguente classificazione:

Pseudotumor

Dovuto a patologie che simulano un tumore ma sono di origine infiammatoria. Spesso si tratta di infiammazioni di contiguità, provenienti soprattutto dai seni paranasali, ma talora possono essere dovuti ad infiammazioni aspecifiche e ad infiltrati linfoplasmocellulari non sempre bene inquadrabili. Il trattamento è antiinfiammatorio a base di corticosteroidi o FANS. Una caratteristica di queste forme è la remissione e la recidiva in relazione all’uso dei farmaci.

Tumori orbitari

Possono essere benigni o maligni. L’argomento è troppo complesso per essere trattato esaurientemente in questa sede. Di solito sono coinvolti anche altri specialisti nella gestione del caso (ORL, neurochirurghi, maxillofaciali).

Orbitopatia tiroidea

Orbitopatia Tiroidea (M. di Basedow, M. di Graves)

E’ una condizione infiammatoria frequentemente associata a disfunzioni della tiroide. Il sistema immunitario, alterato, produce anticorpi contro la tiroide che possono colpire ed infiammare anche altri distretti, come l’apparato visivo. Quando gli anticorpi sono attivi sui tessuti intorno all’occhio si ha l’orbitopatia di Basedow.

Sintomi: senso di corpo estraneo, occhio secco, occhio sbarrato dovuto a retrazione palpebrale, marcata sporgenza oculare, sofferenza talora molto grave della cornea, diplopia, compromissione dell’equilibrio psichico e disagio sociale. Occorre tener presente che, anche se l’orbitopatia tiroidea si manifesta nella grande maggioranza dei casi nella iperfunzione della ghiandola (ipertiroidismo), si può verificare anche se il paziente è ipotiroideo o normotiroideo.

  • Edema e flogosi degli annessi e danno corneale (edema o subedema)
  • Infiammazione profonda dell’orbita
  • Esoftalmo
  • Otticopatia (sofferenza del nervo ottico) per:
    – Stiramento delle fibre nervose (foto)
    – Compressione per affollamento orbitario ed ipertensione oculare secondari

Terapia:

  • Medica: è fondamentale, per quanto possibile, il controllo della funzione tiroidea anche se spesso l’orbitopatia si comporta in maniera indipendente dal compenso ormonale. Nella fase infiammatoria attiva è indicato un trattamento cortisonico per via generale con protocolli basati sulla gravità e l’entità dei sintomi

  • Radioterapia: può essere effettuata in concomitanza con la terapia cortisonica o indipendentemente, anche in questo caso secondo protocolli su misura per il paziente. E’ indicata prevalentemente nei casi di grave infiammazione orbitaria con aumento del volume dei muscoli.

  • Chirurgia: in alcuni casi che non rispondono alla terapia medica o radioterapica può essere necessario il ricorso alla chirurgia. Si deve seguire una scaletta di interventi ben precisa e codificata a livello internazionale.
    Non sempre è necessario procedere a decompressione orbitaria.
    Spesso è sufficiente effettuare la chirurgia dei muscoli prima (strabismo) ed eventualmente delle palpebre successivamente.
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Interventi:

Qualsiasi intervento chirurgico su un paziente affetto da oftalmopatia tiroidea deve essere eseguito quando la fase attiva è conclusa e la componente infiammatoria è ridotta.

  • Decompressione orbitaria: si esegue, in anestesia generale, quando il bulbo è fortemente sporgente e crea problematiche a livello corneale per impossibilita’ di chiudere le palpebre e per stiramento e strozzamento del nervo ottico a livello orbitario, oltre che a problematiche estetiche psicologicamente invalidanti. Ricordiamo che la malattia colpisce prevalentemente il sesso femminile. Poiché la cavità orbitaria può essere considerata di forma piramidale delimitata da pareti ossee non espansibili, ci troviamo davanti ad una condizione nella quale il contenente (l’orbita) ha un volume insufficiente per il contenuto (che risulta aumentato per l’infiammazione sia a livello dei muscoli che della componente grassosa). L’obiettivo dell’intervento è quello aumentare il volume del contenitore (orbita), rimuovendo le pareti ossee. Di solito si rimuovono il pavimento dell’orbita e la parete interna. Nei casi più gravi si esegue una decompressione, coinvolgendo anche la parete laterale. In alcuni casi in cui a livello orbitario è presente solo un eccesso di componente grassosa e l’esoftalmo non e’ eccessivo, può essere sufficiente un intervento di lipectomia, che non richiede la rimozione delle pareti ossee dell’orbita.
    La decompressione da’ ottimi risultati e non è particolarmente dolorosa.

  • Chirurgia dello strabismo: poichè nell’Oftalmopatia Tiroidea i muscoli subiscono delle marcate alterazioni di dimensioni ed elasticità può comparire uno strabismo particolarmente grave con conseguente visione doppia (diplopia) e difficoltà del paziente a svolgere le più normali attività quotidiane. In questi casi si esegue un intervento sui muscoli in maniera da ricreare l’ allineamento dei bulbi. L’intervento viene eseguito in anestesia locale, possibilmente con sole gocce anestetiche in modo da poter dosare la correzione chirurgica con la collaborazione del paziente.

  • Chirurgia funzionale: delle palpebre: se dopo la decompressione e la correzione dello strabismo il bulbo risulti ancora troppo esposto, si deve ricorrere alla chirurgia palpebrale. Ricordiamo che le disfunzioni della tiroide comportano una marcata iperfunzione e retrazione dei muscoli deputati alla apertura della palpebra (muscolo elevatore e muscolo di Muller). La procedura chirurgica consiste nell’indebolimento di questi muscoli in modo che la palpebra possa abbassarsi dell’entità desiderata, in maniera da proteggere l’occhio. Benchè spesso la simmetria fra le due palpebre non sia perfetta il miglioramento anche estetico è molto marcato: il paziente non ha più l’aspetto “ spiritato” dovuto all’occhio sbarrato.

  • Chirurgia estetica delle palpebre: può essere necessario in alcuni casi eseguire qualche ritocco estetico se richiesto dal paziente al fine di rimuovere l’eccesso di cute o la presenza di borse. Poichè si tratta di tessuti edematosi e spesso anelastici, l’asportazione di tessuto deve essere estremamente prudente.
 

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